Mediazione extraconiugale

Ary Scheffer - Paolo e Francesca

Accanto alle unioni matrimoniali, a quelle di fatto e alle unioni civili, sempre crescente è il numero delle unioni illegittime che non sono tutelate dal nostro ordinamento; al contrario, la Cassazione conforme le annovera quali cause di addebito, se sono state la causa scatenante della fine dell’affectio coniugalis, con la possibilità, per il coniuge tradito, di chiedere all'altro il risarcimento danni.

In ogni caso, ultimamente, tali coppie illegittime si rivolgono in studio per essere aiutate a gestire il loro rapporto in crisi, perché mal tollerano l'unione extraconiugale coltivata contemporaneamente a quella familiare, in alcuni casi da entrambe le parti, spesso con figli.

Pertanto, agli occhi dei mediatori e di coloro che gestiscono la famiglia e le coppie in conflitto, si prospettano nuove problematiche legate all’affettività, alla relazione, e ad aspetti decisamente pragmatici, complementari rispetto alla razio per cui è nata la mediazione familiare, quale la tutela dei minori in vista di una separazione tra i coniugi il più possibile condivisa negli accordi, affinché il nucleo familiare non si spezzi.

Ecco allora che si da abbrivio alla mediazione extraconiugale, ambito nel quale il mediatore, equi vicino ad entrambe le parti, aiuta le stesse, attraverso un percorso di riconoscimento ed accoglimento reciproco, a fare delle scelte, sia orientate in vista di un futuro insieme, quale coppia legittima, sia affinché tale coppia si auto responsabilizzi, probabilmente alla luce del fatto che non sia possibile un futuro progettuale insieme, e quindi interrompendo la relazione. Nel contempo, alcune coppie non sono pronte per decidere, e non lo faranno, ma anche quella, come ben si sa, è pur sempre una decisione.

Nel caso che ci occupa, Tizia e Caio si sono rivolti in studio, entrambi sposati, entrambi con due figli, minori quelli di Tizia e ormai grandi quelli di Caio.

Le parti hanno un trascorso e una vita matrimoniale apparentemente serena e non turbata da particolari dissidi. Eppure, le stesse coltivavano da ormai diversi anni una unione extraconiugale caratterizzata ed esacerbata da numerosi dissidi, a differenza del rapporto matrimoniale. In effetti, sia Tizia che Caio non riescono più a tollerare l'unione matrimoniale dell'altro, in particolare Tizia (Caio è nella fase dell’adattamento), e sono giunti in studio per prendere una decisione definitiva.

Insieme al mediatore, le parti hanno cercato di comprendere se fossero state in grado, a livello psicologico, di separarsi, e se ve ne fossero i presupposti, contando e commisurando le possibili immaginabili conseguenze legate allo scioglimento del matrimonio rispetto al coniuge, ai figli e al contesto sociale di riferimento. In caso contrario, avrebbero dovuto capire insieme, con il supporto strategico del mediatore, se fosse il caso che si lasciassero, qualora il loro futuro di coppia legittima venisse ritenuto, da almeno uno dei due, compromesso. In tal caso, ognuno sarebbe ritornato legittimamente alla propria famiglia.

Il procedimento di mediazione si è svolto con modalità similari rispetto alla mediazione coniugale e alla mediazione familiare. Ricordiamo che la mediazione coniugale si rivolge alle coppie legittime per gestire il loro rapporto familiare quando non c'è la volontà da parte dei coniugi o conviventi di separarsi.

Nel caso di specie, Tizia, che aveva già elaborato la sofferenza, mostrava la volontà di lasciare il marito e il desiderio di tutelare i figli; era disposta a parlarne con il coniuge e a pagare le conseguenze di un eventuale addebito della separazione. Al contrario, Caio era molto più combattuto in quanto, pur riconoscendo che i suoi figli fossero grandi e quindi autonomi, temeva il fatto che non fossero autosufficienti economicamente e che quindi avrebbe fatto fatica a sopravvivere ad una separazione, anche perché la moglie svolgeva un lavoro saltuario. Inoltre, egli temeva fortemente il contesto sociale nel quale si muoveva, la fatica dei legami quali l'affetto verso moglie e figli, le relazioni maturate in seno alla famiglia, e le ripercussioni a livello lavorativo, data la funzione sociale che egli ricopriva.

Pertanto, il rapporto di Tizia e Caio era in crisi, nonostante dicessero di amarsi molto, perché ognuno di loro intendeva percorrere una strada diversa: Tizia, appunto, non aveva alcuna intenzione di coltivare entrambe le relazioni, Caio, alla luce del percorso di mediazione svolto, non era pronto a lasciare la famiglia, né, tuttavia, la relazione con Tizia.

È stato impegnativo lavorare sulla loro comunicazione, in quanto l'uno non lasciava all'altro la possibilità di esprimersi: erano arrivati in studio molto infervorati e addolorati.

Il primo incontro, scevro, nell’ottica della mediazione, da qualsiasi tipo di giudizio morale, è stato orientato sulla presentazione della mediazione extraconiugale come un percorso da poter svolgere assieme ad un mediatore, esperto che cammina con la coppia e che, con opportune strategie, la sospinge a guardare al presente e al futuro in un ottica costruttiva, per arrivare a compiere una scelta il meno possibile dolorosa per tutti.

Difatti, spesso, nell’ambito della mediazione extraconiugale, sono presenti figli di entrambi i nuclei familiari e i rispettivi coniugi, i quali, dal momento in cui vengano a conoscere la duplice relazione, mediamente hanno delle reazioni dolorose e difficilmente gestibili.

I vari incontri si sono focalizzati sulla relazione e sugli aspetti pratici della eventuale scelta della separazione, sulla gestione degli affetti relativi alla famiglia, al lavoro e al contesto sociale di riferimento.

Ebbene, Tizia, alla fine del percorso di mediazione, era disposta a pagare tutte le conseguenze della ufficializzazione della loro unione e della separazione, scegliendo Caio. Viceversa, Caio rimaneva dell'idea che nel momento presente ed in un prossimo futuro fosse opportuno non prendere una decisione, ma continuare a coltivare entrambi i rapporti. Pertanto, non restava, secondo Tizia, altra strada che lasciarsi.


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