La "fisica" della relazione

I difensori, pedagoghi legali, educatori alla relazione, faciliteranno una gestione costruttiva del conflitto tra le parti ed le educheranno a trovare, risorse ai loro bisogni.

 L’autorità giudiziaria, grazie all’apporto costruttivo dei difensori sarà facilitata nell’emanare provvedimenti che siano il più vicino possibili alle esigenze delle parti in una fase critica del loro rapporto.

 Le parti, seguite dai difensori, si relazioneranno in uno spazio nel quale saranno impegnati per lavorare sui loro interessi e quindi per raggiungere un accordo nel quale siano tutti pienamente soddisfatti: spazio della educazione alla relazione. In questi spazi, si riscontrerà una dipendenza reciproca degli esiti dei comportamenti, ossia le parti si trovano in una condizione di interazione strategica, per cui gli effetti dei comportamenti dell’una dipendono anche dai comportamenti dell’altro.

Tuttavia, quanto più ognuna delle parti abbia un’informazione imperfetta rispetto ai comportamenti dell’altra, tanto più si determinerà un’incapacità di prevedere esattamente le scelte e gli atteggiamenti reciproci.

Pertanto, ai confini di questa, si porrà lo spazio della forza, ossia l’area del dominio di un campo di forza sull’altro quando si consenta un divario di potere a soluzioni unilaterali. 

Il campo di forza potrà determinarsi qualora si verifichi uno squilibrio di potere tra le parti (indebolimento economico dell’altro, false accuse), campo nel quale gli avvocati avranno un ruolo quasi decisivo se non determinante: essi potranno condurre l’assistito apprendere i loro bisogni, al di là delle prese di posizione, oppure ad alimentare lo squilibrio di potere tra le parti, favorendo il contenzioso e l’impasse nello spazio della forza.

 Quest’ultima sarà intensificata dallo squilibrio di potere tra le parti che provocherà l’intervento dell’autorità giudiziaria che deciderà autoritariamente rispetto al futuro delle stesse, sostituendosi alle parti in conflitto;

al contrario, tanto più spazio sarà dato alla relazione, maggiore sarà la prospettiva di una composizione costruttiva dei conflitti dove saranno le parti in primis a decidere responsabilmente sul loro futuro.

Invece, nello spazio dell’indifferenza le parti non si relazioneranno in alcun modo tra di loro: una delle parti cercherà di mantenere lo status quo e non sarà motivata a raggiungere un accordo; non collaborerà con l’altra e sarà “incastrata” in una posizione di cecità e di sordità rispetto alle aspettative della parte provvisoriamente più “debole” coinvolta nel conflitto. 

Tuttavia, si ribadisce, che soltanto una parte potrà muoversi nello spazio dell’indifferenza, e per un breve lasso temporale, in quanto l’altra parte “controbatterà” nell’area della forza: questo accade quando una delle parti tutela “indifferentemente” il proprio interesse, a discapito dell’altra parte che invece non è soddisfatta in quanto “bloccata” in una determinata posizione.

Infatti, nello spazio della forza ed in quella dell’indifferenza ciascuna delle parti deciderà di adottare un atteggiamento individualistico finalizzato esclusivamente alla massimizzazione del proprio tornaconto personale (in ognuna di queste aree si verificherà un’assenza assoluta di comunicazione).

Tuttavia, la coppia di strategie che produce un esito finale più desiderabile, nella gestione dei conflitti, non è, come si potrebbe pensare, quella che viene adottata in base ad un criterio di scelta puramente razionale. 

Le parti, se mosse esclusivamente dal perseguimento del proprio interesse personale, sono portate a scegliere di non collaborare con l’altro, dando tuttavia origine ad una situazione sub - ottimale anche per se stessi, oltre che alla situazione peggiore per le parti in conflitto.

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